Le tapas: fiere rappresentanti della tradizione culinaria spagnola in tutto il mondo!
Anche in molti Paesi del Sudamerica possiamo trovare le loro “cugine” d’oltreoceano, conosciute con il nome di bocas.
Quando ne parliamo non ci riferiamo solo alle deliziose pietanze mediterranee che stuzzicano ogni appetito, ma anche – e soprattutto – a quel particolare modo tutto ispanico di intendere il pasto.
La potremmo definire la “filosofia” delle tapas.
Piccoli piatti, ciotoline di ceramica, minuscole casseruole, che si dovrebbero consumare direttamente al bancone (anche in piedi!), chiacchierando e ridendo spalla-a-spalla con gli amici.
È proprio questo l’obiettivo delle tapas: facilitare la conversazione e le interazioni sociali. Permettendoci di non dover focalizzare l’attenzione su un grande piatto da svuotare e al tempo stesso di moverci tra i tavoli (o lungo il bancone) durante il pasto. Le tapas distano radicalmente dal concetto italiano del “pranzo della domenica”, con la lunga tavolata e le grandi portate.
In pratica cosa sono le tapas? Piccole porzioni di specialità iberiche, calde o fredde, che si possono ordinare in svariate quantità.
In Italia abbiamo qualocosa di simile: l’antipasto, solitamente caratterizzato dalla presenza di salumi, sottaceti, bruschette. La differenza tra antipasto e tapas è presto detta: se il primo è solo una parte del pasto, studiata per precederlo, le seconde compongono l’intero pasto, come pezzi di un puzzle dai tanti colori.
Ma qual è l’origine della parola “tapas”?
L’etimologia più attendibile sostiene che il termine sia derivato dal verbo “tapar”, che non diverge molto dal corrispondente italiano “tappare”. In origine, infatti, pare che le tapas fossero semplici fette di pane o di carne (prosciutto o chorizo) che venivano utilizzate dai bevitori di sherry dell’Andalucia per coprire i bicchieri, impedendo ai moscerini di gettarsi nel prezioso e dolcissimo drink.
Un’altra teoria, più probabilmente una buona leggenda, sotiene che nel XVI secolo un taverniere della regione di Castilla-La Mancha scoprì il modo di coprire (“tapar”) il sapore di un pessimo vino ingannando il gusto dei propri clienti con l’offerta di odorosi pezzi di formaggio gratuiti da accompagnare alla bevanda.
Si racconta infine che il re di Spagna Alfonso XIII si fermò a Cadiz per un bicchiere di vino. L’oste servì il bicchiere al monarca coprendolo con una fetta di prosciutto, per impedire che la sabbia della vicina spiaggia, sospinta dall’incessante vento tipico della città, finisse nel drink reale.
Si dice che il re abbia gradito tanto l’idea da ordinare un secondo bicchiere di vino… “con il coperchio”!
Luca Cattaneo