Domenica scorsa, 25 Novembre 2012, i cittadini catalani sono stati chiamati alle urne per definire il nuovo parlamento catalano.
Confermato Artus Mas (in foto), il presidente della comunità autonoma eletto nel 2010, che comunque non può permettersi grandi festeggiamenti.
Il suo partito, Convergència i Unió (CiU), ha infatti perso ben 12 seggi rispetto alle passate elezioni (da 62 a 50, su un totale di 135).
CiU è una coalizione nazionalista e indipendentista di stampo liberal-democratico. In due parole di centro-destra.
Il presidente, che ha dichiarato “sono felice dei risultati, ma non così felice quanto speravo” dovrà adesso fare i conti con l’exploit del partito Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), coalizione anch’essa indipendentista ma con visioni completamente divergenti dal punto di vista economico, sociale e ideologico.
ERC è infatti una combattiva coalizione di sinistra radicale.
ERC ha visto i propri seggi passare dai 10 conquistati nel 2010 ai 21 di oggi: una crescita dovuta probabilmente alle contestate politiche di austerity del governo Mas.
Se dunque sulla carta entrambi i maggiori partiti lottano per l’indipendenza da Madrid, i loro programmi restano assolutamente inconciliabili e ciò non faciliterà la possibilità di indire il referendum secessionista che è da sempre nei piani dell’attuale presidente della Catalogna.
Di fatto, dunque, la secessione dalla Spagna si fa più lontana.
Prima di tutto bisogna infatti fare i conti con le voci discordanti dei cittadini. Per poter governare ora Mas ha bisogno dei voti di ERC, dei Socialisti (PSC) o dei Popolari del premier spagnolo Rajoy. Le trattative ed i colloqui hanno già avuto inizio.
Non sarà affatto un’impresa semplice far remare partiti ideologicamente contrapposti in un’unica direzione, verso l’indipendenza catalana.
Luca Cattaneo